Caverni, Vera

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Titolo
Caverni, Vera
Descrizione
"Io son venuta via [di casa] nel Sessanta e già aveva fatto questa fabbrichina […] In casa la faceva, disfece il salotto, alle Due Madonne, disfece il salotto che s’aveva al pian terreno" [continua a leggere]
"La sa, le stanze grandi di prima […]. Nell’orto che ci s’aveva dietro, fece un piccolo forno e lì cominciò a fare dei pezzi, poi a regola trovò da venderli o da piazzarli, e comprarono questo terreno e fecero questa fabbrichina, piccola però […]. [Prima della fabbrica] faceva fuoco la notte, perché in questo orto di dietro, che gli aveva fatto questo piccolo forno, per non dar noia, fece un tubo lungo sopra il tetto, la casa l’era di due piani, aveva paura dessero noia alla persona che ci stava di sopra, allora s’alzava la notte a far fuoco, mi ricordo l’inizio fu così, e lui […] dopo la guerra prima andò a spalar le macerie, perché noi per disgrazia non s’aveva nemmeno più i genitori, in otto mesi c’era morto il babbo e la mamma […]. La mamma faceva la sarta ma in tempo di guerra vestiti da cucire ce n’era pochi, il babbo faceva di lavoro icchè gli capitava, perché lui al fascio non volle mai iscriversi, allora non aveva la tessera e non lavorava, diceva: ‒io sono un uomo libero, io lavoro dappertutto però non voglio la tessera‒, capito? […], comprò un piccolo cavallino, quando gli capitava portava i mattoni, la rena, queste cose che c’era prima, ’un c’era mica i camion di ora […]. E allora da primo il mio fratello andò a scavare le macerie perché non s’aveva da mangiare eh, capito? La mamma nel periodo della guerra aveva venduto tutto, quel che aveva d’oro, biancheria, tutto, n’ho passate eh, n’ho passate... Allora [mio fratello] andò a scavare le macerie, poi aprirono l’ufficio di collocamento al Ponte […] e lui entrò costì, però mezza giornata lavoravano allora, e si cominciò a mangiare un pochinino, capito eh? Dopo di costì, la Manifattura di Signa la fu riaperta perché c’erano stati i bombardamenti aerei e lui entrò costì dentro[...] c’erano un centinaio di persone, dopo passato la guerra, sarà stato verso […] il ’45. Entrò costì come operaio, poi passò capo della Commissione interna e allora era lui che andava sempre a parlare coi proprietari, allora era sempre un su e in giù a Roma […]. Mio fratello non aveva studiato o fatto l’università, però io ho fatto le scuole, non mi volevano mandare perché non c’era quattrini, però un professore alla mamma gli disse: ‒ Se la va bene io gli passo tutti i libri‒. Il professor Caioli, c’era alla Lastra l’avviamento commerciale e siccome io non facevo altro che piangere allora, avevo finito la quinta, perché io volevo andare a scuola e la mamma non avea possibilità, un ce n’era possibilità, allora la faceva la sarta, la cuciva a questa moglie di questo professore Caioli e la signora glielo disse a i’ su’ marito: ‒ Se la Vera la studia e la va bene i libri glieli do tutti io‒ […] E questi libri che mi lasciava lui, li mandavo in Jugoslavia a mio fratello, l’era militare, lui l’era a Zara […] ma era su un monte, lui era radiotelegrafista, erano cinque militari, tutti di venti anni e gli portavan da mangiare una volta la settimana […] e allora io gli mandavo i libri e lui non fumava, vendeva le sigarette e ci mandava i quattrini da militare, la senta! Nel ’43 lui chiese permesso, perché in tre anni non lo mandaron mai in licenza, perché l’era il periodo brutto della guerra, allora chiese di venire a dare l’esame di terza avviamento commerciale e gli dettero il permesso, lui tornò il tre di settembre e l’otto ci fu l’Armistizio, non ripartì nemmeno, però ci toccò portarlo rimpiattato, perché c’era i fascisti, gli pigliavano, eh! […] e s’andò passato la Ginestra per andà verso Montespertoli […] e sul cucuzzolo in cima in cima c’era questa casa di contadini, […] e i’ mi’ fratello da quanto l’era bravo avea fatto la galena […] l’è che si sente la radio […] fece tutto l’occorrente, l’antenna, […] e c’era come uno spillo […] e lo metteva su questa pietrina […] girando questo piccolo ago si trovava Londra, Radio Londra, […] si ragiona di’ ’43, eh! Allora lo portò con se’ e questo contadino c’aveva una scala s’andava giù dalle bestie e c’aveva un soprappalco e allora a dormire lo mandava lì, essendo il contadino proprio sul cucuzzolo, vedeva se c’era qualcheduno che veniva, capito! Ma s’è saputo dopo noi, era un fascistone quest’uomo, ma aveva due figlioli, era fascista per lavorar la terra, gli rimpiattò anche i suoi perché poi, la senta, praticamente si mise nella bocca del leone, ma non si sapeva! E poi passato la guerra tornò a casa […] lui sapeva tutti i movimenti della guerra da Radio Londra, io me lo ricordo come ora […] di questa scatolina[...]. Gl’era tutto un leggere, tutto un leggere in casa mia, in casa mia arrivavano i libri quando non si potevano leggere perché c’era il fascismo, libri americani, poi li rimpiattava […] pensavo li rimpattasse perché non li leggessi io che ero più giovane […]. Questa passione per la ceramica la venne perché quando erano a Zara, in questo monte che erano tutti fiorentini, tutti e quattro, noi ci si chiamava Caverni, poi Brunetti, i’ Berti, i’ Bertini, ecco i B e poi i C, ecco alla visita militare presero tutti i B e poi ne mancava uno presero il C, non si conoscevano, poi lassù son diventati amici proprio per la pelle, […] diventarono proprio amici, allora nel tornare due l’eran pittori, i’ Berti e Brunetti, […] insomma c’era questi due pittori bravi, però pitturavano sulla pelle, sulla pelle per le borsette, […] e allora cominciarono a dire: ‒ perché non ci si mette a fare un po’ di ceramica?‒ fu lì, perché gli eran loro pittori […] cominciarono in salotto, fu disfatto il salotto e cominciarono lì. […] i’ Bertini poi lasciò... ecco questa l’è la storia. […] Poi dopo mio fratello andò da Bagno e lì era direttore. [La Cava] non fu chiusa, la prese un ragazzo di Signa [...] da Bagno e c’erano più di cento persone a que’ tempi eh, […] quando morì, mi ricordo, venne Alvino […] mi venne vicino, mi mise la mano sulla spalla e mi disse: ‒ Ho paura che la mia fabbrica la finisca […] perché un altro come tuo fratello non lo trovo.”
(Forme di storia, pp. 192-194).
Forme di storia: la ceramica nel territorio di Lastra a Signa
intervistato
Caverni, Vera
sorella di Alberto Caverni, titolare Ceramiche La Cava
intervistatore
Floria, Silvia
Galantini, Francesco
Luogo
Lastra a Signa
Data/e
2 gennaio 2019
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Biblioteca comunale di Lastra a Signa, titolare dei diritti delle immagini digitali
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