1900-1944

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1900-1944
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Dallo studio dei documenti catastali nel territorio di Lastra a Signa è emersa la presenza di fornaci attive principalmente nella produzione di laterizi, embrici e terraglie, e, per alcune, anche di orci, orcioli, vasellame e terrecotte già a partire dal XV secolo. [continua a leggere]
Ad oggi l'’esistenza di attività dedicate alla produzione di ceramica e maiolica è però stata accertata solo per il Novecento. Importante è la presenza, già dall’inizio del secolo, di operai ceramisti le cui competenze risultarono fondamentali per la nascita di una produzione di tipo locale: si trovano registrati nelle liste degli elettori dei Probiviri della Camera di commercio dal 1904 numerosi ceramisti operai, la gran parte lavoranti a Signa, gli altri a Porto di Mezzo e Lastra. Di questi, alcuni vennero in un secondo momento iscritti nelle liste degli industriali elettori. Non si può quindi del tutto escludere una produzione ceramica nei secoli addietro, offuscata forse dalle più note e meglio studiate produzioni di Montelupo e Signa. La Manifattura di Signa fu un luogo di formazione per molti di coloro che si cimentarono nel mestiere della ceramica. Questo è emerso anche dalle liste degli elettori dei Probiviri della Camera di commercio sopra citate: molti operai ceramisti lavoravano infatti proprio a Signa. Un legame con quella realtà territoriale emerge anche osservando la nascita dei primi laboratori di ceramica a Lastra a Signa: la Dini & Cellai, ad esempio, attiva dal 1902 e il cui campionario richiamava esplicitamente la produzione della Manifattura di Signa, pur avendo lo stabilimento a Lastra, si era data come ragione sociale “Dini e Cellai terrecotte di Signa” con un esplicito riferimento a quel territorio. Sempre da quell’esperienza si svilupperanno altre realtà, come ad esempio il laboratorio di ceramica aperto nella zona di Santa Lucia da Alberto Bertelli, uno di quegli operai ceramisti che avevano lavorato proprio a Signa. Anche Alberto Caverni, uno dei maggiori esponenti dell’arte ceramica del territorio lastrigiano, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale venne assunto presso la Manifattura, dove rimase fino al 1952. Infine, la Ceramiche La Torre, nata negli anni Ottanta, recuperò la tradizione artistica della Manifattura alla quale si ispirò esplicitamente. In altri casi la Manifattura segnò certe tendenze in alcune note produzioni, come nel caso del celebre “stile impero” della ditta Bellini che richiamava un gusto per la classicità tipico della produzione della Manifattura. Tuttavia non possiamo ricondurre la nascita della produzione ceramica a Lastra a Signa esclusivamente all’influenza della Manifattura di Signa. Sono presenti infatti chiari elementi che permettono di ipotizzarne anche uno sviluppo interno e autonomo. È il caso della “Fabbrichina”, nome con cui era conosciuta la Italica Ars fabbrica di maioliche artistiche: questo stabilimento nacque su iniziativa di Tito Bellini, noto esponente del fascismo locale e attivo nella politica cittadina. L’Italica Ars crebbe come azienda nel giro di pochi anni e in particolar modo grazie all’appalto concesso dal Comune per la realizzazione di un considerevole quantitativo di mattonelle da utilizzare per la numerazione civica segnando la sua crescita in maniera significativa. Le gestioni successive – a partire dalla famiglia Corsani –, misero a frutto quello che era nato grazie a un impulso politico, trasformandola così in una delle più importanti aziende del territorio. Altra realtà che sorse indipendentemente dagli influssi artistici ed economici della ceramica signese fu, nel secondo dopoguerra, la Fratelli Bagni. Questa si differenziò dalla produzione della Manifattura non solo per il gusto estetico ma anche per la sua ricerca artistica e per l’incessante sperimentazione. Uno sguardo sulla nascita dei primi laboratori di ceramica a Lastra a Signa, permette di comprendere anche quali furono i processi di espansione degli spazi di produzione durante la prima metà del secolo e di tracciare la loro diffusione sul territorio. Osservando i permessi di costruzione e di abitabilità presentati al Comune da parte dei ceramisti individuati nel corso della ricerca, troviamo un discreto numero di imprese attive già dagli anni Venti nella produzione di terrecotte e ceramica: Dini & Cellai, Società Anonima Terrecotte Artistiche Signa, ditta Pugi e C., Danilo Gori, Berto Berti, Alberto Bertelli e la manifattura Italica Ars prima con Tito Bellini e poi con Stelio e Giulio Corsani. I momenti di maggiore crescita, come emerge dai lavori di ampliamento, si ebbero tra il 1924 e il 1926 e nella seconda metà degli anni Trenta. I laboratori erano distribuiti per la maggior parte nella zona tra Ponte a Signa, Santa Lucia e l’Italica Ars a Rimaggio. Nel censimento del 1927 le manifatture attive erano cinque: Giuseppe Ceccherini fu Vittorio la cui azienda produceva terrecotte presso Tripetetolo; Tito Bellini di Antonio, direttore dell’Italica Ars che produceva maioliche artistiche a Rimaggio; Alberto Bertelli fu Francesco, produttore di terrecotte a Santa Lucia; ATAS, fabbrica di terrecotte presso le Due Madonne e infine la Ditta Pugi e C., attiva nella produzione di terrecotte e maioliche al Ponte a Signa. Notiamo che la produzione prevalente delle cinque imprese era ancora quella di terrecotte, mentre la maiolica veniva prodotta sicuramente solo dall’Italica Ars e dalla ditta Pugi e C. La Verificazione dello Stato utenti pesi e misure del biennio 1937-1938 ci mostra una situazione differente, con il numero dei laboratori ridotto a quattro, ma tutti impegnati nella produzione di ceramica: Italica Ars di cui i fratelli Corsani erano diventati direttori, Gori e Tozzi direttori di una fabbrica di maioliche a Ponte a Signa, l’ATAS di Ponte a Signa e Pugi Arnoldo. Dall’analisi di questa prima metà del secolo è difficile definire con precisione il peso economico dei laboratori ceramici. Possiamo notare, però, che nonostante le difficoltà economiche derivate dalla rivalutazione della lira, dall’aumento dei dazi per l’importazione messo in pratica dagli Stati Uniti e dalla crisi del 1929, persistevano sul mercato più o meno le solite manifatture. I permessi di costruzione e di abitabilità a nostra disposizione permettono anche di osservare la trasformazione e la crescita degli ambienti di lavoro nella prima metà del secolo. Analizziamo ad esempio tre importanti aziende sopracitate: Italica Ars, Alberto Bertelli e Pugi e C. Nell’Italica Ars si susseguirono quattro interventi edilizi che si concentrarono in due archi temporali: tra il 1924 e il 1925 con la costruzione della fabbrica e negli anni Trenta con gli ampliamenti sotto la gestione Corsani che riguardarono almeno sette stanze, uno stanzone con fornace e il cortile recintato. Di Alberto Bertelli fu Francesco sappiamo che tra il 1904 e il 1909 fu operaio ceramista a Signa, che nel 1909 era residente a Santa Lucia e iscritto alla lista degli industriali appartenenti al Comune chiamati a eleggere il Collegio dei Probiviri con la qualifica di ceramista. È del 1913 la richiesta di permesso per la costruzione di uno stanzone in prossimità della sua casa in via Valdirose e per fare la calce. Nel censimento del 1931 risultava avere un’industria di terrecotte e a quello del 1936 compariva a come ceramista. La sua attività parrebbe costante, di tipo artigianale e legata all’esperienza fatta a Signa. Arnoldo e Giulio Pugi presentarono invece due richieste di interventi edilizi al comune nel 1926 e Arnoldo ne presentò successivamente altre due nel 1938 e nel 1939. Lo stabile si presentava come uno stanzone con fornacette per la cottura di terrecotte adiacente alla sua abitazione a Ponte a Signa (Salita), a cui si aggiunse un’altra fornacetta nel 1939 nello stabile di via Lungarno. La produzione della terracotta e della ceramica rimase, per tutta la prima metà del secolo, di secondaria importanza per l’economia del territorio rispetto alla lavorazione della paglia e della pietra. Scorrendo le 824 attività rilevate nel censimento industriale e commerciale del 1927 percepiamo infatti la persistente presenza della lavorazione della paglia e della pietra, nonostante i momenti di difficoltà incontrati a inizio secolo. La lavorazione della paglia fu penalizzata dalla crisi del 1929 a causa delle misure protezionistiche adottate dagli Stati Uniti con l’incremento dei dazi doganali sulle importazioni. Nella memoria degli operai e delle operaie la frattura del ‘29 ha marcato un segno profondo: c’è un prima che è fatto di prosperità e c’è un dopo fatto di disoccupazione e di miseria. La lavorazione della pietra da costruzione subì un duro contraccolpo legato non solo alla crisi economica ma anche a un cambiamento che riguardò l’uso dei materiali da costruzione a favore del calcestruzzo e del cemento. (Forme di storia, pp. 42-51).
Forme di storia: la ceramica nel territorio di Lastra a Signa
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