Il secondo conflitto mondiale
Contenuto
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Titolo
Il secondo conflitto mondiale
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Descrizione
Il secondo conflitto mondiale aveva ridisegnato l’economia del territorio comunale in ragione degli edifici distrutti concentrati soprattutto nella frazione di Ponte a Signa, cardine del legame con la produzione ceramica del territorio signese. La Manifattura, dopo la guerra, perse la sua centralità artistica favorendo così la crescita delle imprese nate nell’indotto. Queste ultime, solo parzialmente danneggiate dalla guerra, continuarono la produzione dei manufatti. Attraverso una lettura dei documenti di archivio consultati e delle testimonianze raccolte si intuisce quanto i bombardamenti e la guerra infierirono anche su alcuni degli opifici della zona, come il laboratorio in cui all’epoca lavorava Alfredo Tozzi o quello di Arnoldo Pugi che subì ingenti danni ammontanti a oltre tre milioni di lire. I bombardamenti aerei e i cannoneggiamenti da entrambi i fronti durante i mesi di luglio e agosto del 1944 causarono gravi danni anche alla Società per azioni ATAS, che si era costituita nel maggio 1926 subentrando negli stabilimenti della Dini e Cellai e che rimase attiva fino al 1943 nella produzione di terrecotte. In particolare fu danneggiato lo stabilimento di quattro piani situato in via Livornese 119 e furono distrutti 1200 modelli e calchi in gesso per un totale di 1 milione e 300 mila lire. L’azienda aveva nel frattempo integrato la sua produzione con la creazione di cappelli di paglia ed elmetti coloniali e nel marzo del 1944 cambiò denominazione in Anonima tessuti e affini Signa. La ricostruzione dello stabile fu completata solo nel 1956. Un altro caso fu quello delle Ceramiche Arno S.r.l., azienda con presidente Giuseppe Zecchi e con sede in via Livornese 194. Una realtà produttiva che nel 1947 dava lavoro ad almeno venti dipendenti tra i quali il ceramista Gino Fossi. Dopo le distruzioni del 1944 era ridotta in queste condizioni: quando entrai io nel ‘46 era […] tutto spalancato, un freddo, le finestre rotte per la guerra, si dovette ricominciare tutto, […], ci toccava smettere alle 12:00 perché con le mani al freddo non si poteva lavorare, meno male si avevano gli occhi buoni da giovani, non c’era la luce […] i fili c’erano ma era stato tutto buttato giù dalle bombe, l’inverno nelle fabbriche era tremendo, per 5-6 anni la fu dura. Ci si arrangiava soffrendo, l’età c’era bona, mangiare si mangiava. (Forme di storia, pp. 51-52).
Forme di storia: la ceramica nel territorio di Lastra a Signa
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Titolare dei diritti
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