Tornitura di un orcio
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Tornitura di un orcio
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Il pezzo d’argilla, tagliato, veniva impastato a mano e battuto per farne fuoriuscire l’aria imprigionata al suo interno. L’impasto veniva lavorato sul tornio, tenendo conto della deformazione che poteva subire, e poi tagliato con un filo per staccarlo dalla sua base. Veniva poi messo su un’asse a essiccare e rifinito quando raggiungeva la “durezza cuoio”. Il tornitore realizzava allora un mandrino in maniera che potesse alloggiare e allo stesso tempo tenere fermo l’oggetto senza farlo attaccare. Facendo ruotare l’oggetto, con tutta una serie di strumenti, gli si conferiva la forma voluta.
(Forme di storia, p. 172)
"[…] Il lavoro del tornio è molto lungo da imparare
perché non si monta sul tornio, ci si mette sul tornio, si piglia un pezzo di mota e si fa un oggetto. Prima di metterla in centro passa un po’ di tempo. Poi dopo messa in centro, va tirata su, e dargli la forma, dargli
un certo spessore. Perché non si può fare dei
pezzi di mota... [per] imparare [a] tornire ci vuole passione".
(Intervista a Piero Gelli, 1 dicembre 2017)
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1993
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Fotografia realizzata per la pubblicazione Fiera di Mezz'agosto del 1993
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ADCLS presso il Palazzo comunale, busta n. 132
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