Bagni Ceramiche

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Bagni Ceramiche
Date di esistenza
1947-1992
Note biografiche o storiche
Alvino Bagni, nato nel 1919 nella frazione di Ponte a Signa, si formò dall’artista Torello Santini e nel 1934, ancora quindicenne, entrò come apprendista presso le Ceramiche Pugi dove sperimentò tutte le fasi della lavorazione ceramica fino al 1947 quando iniziò a lavorare in proprio. Il padre, Bagno Bagni, grazie all’aiuto finanziario dell’associazione artigiana e alle commesse della Pugi fondò la società “Fratelli Bagni Industria ceramiche artistiche”, una piccola azienda a Ponte a Signa tra via Carlo Pucci e via Spartaco Lavagnini dove lavoravano quattro familiari e due dipendenti. Nel 1950 la società cambiò nome in A. B. & F. Bagni Ceramiche Artistiche: le iniziali erano dei tre soci, Alvino, il padre Bagno e lo zio Filimondo. Pur continuando a lavorare come terzista le doti artistiche e la versatilità di Alvino permisero all’azienda di crescere rapidamente. La A.B. & F. Bagni Ceramiche nacque come impresa a gestione familiare, vi lavoravano la sorella di Alvino, Ione, e i tre figli di Filimondo: Franca, Marco ed Ennio. Nel 1951 figuravano come proprietari dello stabile e nello stesso periodo vennero assunti dieci nuovi dipendenti che divennero quindici l’anno successivo, venticinque nel 1953, quaranta nel 1954, cinquanta nel 1955 e cinquantotto nel 1956. La rapida crescita del giro d’affari dell’azienda richiese un suo ampliamento: nel 1954 vennero costruiti due stanzoni, uno al pianterreno e uno al primo piano adibito alla lavorazione dei manufatti. Un secondo progetto d’ingrandimento venne richiesto nel 1955, ma fu respinto dalla commissione edilizia. La necessità di avere ulteriori spazi per la produzione portò alla sopraelevazione di una stanza che affacciava sul piazzale interno e poi alla copertura del piazzaletto stesso nel 1957, adibito già in passato per alcune fasi produttive. Durante gli anni Cinquanta e Sessanta l’azienda consolidò anche quelle collaborazioni avviate attraverso i buyers con i committenti americani. La prima committenza di rilievo internazionale riguardò la produzione di posacenere con la scritta “I like Ike” e fu realizzata nel 1953 per la candidatura alla presidenza degli Stati Uniti d’America164 di Dwight D. Eisenhower. Il principale intermediario della Bagni Ceramiche fu l’americano Irving Richards, designer e fondatore della compagnia statunitense d’importazione e distribuzione Raymor, attiva tra il 1941 e il 1980. Irving tenne contatti mensili con le principali industrie manifatturiere italiane della ceramica e del vetro (per la ceramica anche con le ditte Bitossi e Mancioli, di Montelupo, e Fantoni di Firenze; per il vetro con le ditte del distretto di Empoli e Murano). Questi contatti contribuirono a un forte slancio della produzione, ma anche a un cambiamento dei gusti e del design. Irving infatti era noto nel settore per le spiccate capacità intuitive: riusciva ad anticipare i gusti e i bisogni dei clienti influenzando la produzione del mercato e imponendo la scelta di modelli e decori alle aziende produttrici. Per la Bagni Ceramiche Irving rappresentò il primo e più importante committente per volume di affari: mantenne costante i contatti con la Ditta e ogni qual volta veniva in Italia, in media due volte l’anno, passava le sue giornate con Alvino a disegnare nella sala campionaria. L’ordine era di 10.000 dollari ogni mese, a eccezione del mese di agosto. Altri grandi committenti esteri furono Rosenthal e, dagli anni Settanta, Marks & Spencer, una delle più importanti multinazionali di vendita al dettaglio fondata a Londra nel 1884 e attiva ancora oggi. L’impossibilità di un’ulteriore espansione degli spazi portò Alvino a cercare un luogo dove poter costruire un’azienda più grande e moderna. Nel 1960, con la sorella Ione, presentò un progetto per la costruzione di una nuovo stabile in via Castruccio Castracani, ora via della Massolina, a uso abitazione e laboratorio. Nella nuova sede Alvino e Ione aprirono il colorificio Ceramcolor, diretto dal marito di Ione, con l’intento di creare una realtà concorrenziale alla Colorobbia di Montelupo. Il tentativo andò avanti fino alla metà degli anni Sessanta quando Alvino acquisì le quote di azione della sorella per evitare il fallimento della società. Lo stabile venne poi affittato alla falegnameria Damiani. La nuova ditta di Bagni Ceramiche trovò la sua sede definitiva tra via Livornese e via Santa Maria a Castagnolo. Si trattava di un vasto edificio a uso industriale su un solo piano con annesso corpo di fabbrica a due piani adibiti a magazzini, servizi vari e uffici. Intorno al 1962 circa la nuova fabbrica prese avvio con alcune delle maestranze trasferite dalla A. B. & F. Bagni Ceramiche Artistiche. Gli ingrandimenti dello stabilimento a Santa Maria a Castagnolo proseguirono a ritmo serrato e Alvino portò avanti entrambe le realtà produttive. Nella A. B. & F. Bagni Ceramiche Artistiche rimase a lavorare Alvaro Cartei, mentre nella nuova fabbrica la direzione artistica venne affidata a Bitossi con la presenza degli artisti Michelangelo Santonocito, M. Mannori ed Enzo Borgini come direttore artistico. Poco dopo la direzione artistica passò ad Alberto Caverni. Questi artisti trovarono alla Bagni una libertà assoluta: potevano sperimentare senza essere costretti nei rigidi meccanismi della produzione. Borgini racconta di aver sempre avuto libero accesso a tutti i materiali e che poteva utilizzare, in maniera illimitata, i colori. L’azienda sperimentò anche alcune collaborazioni esterne con designer di fama internazionale come Remo Buti. Nel 1968 la gestione di entrambe le aziende divenne però troppo complessa e Alvino decise di chiudere la A. B. & F. Bagni Ceramiche Artistiche di Ponte a Signa liquidando gli azionisti della ditta. Lo stabilimento di Santa Maria a Castagnolo si era nel frattempo progressivamente ingrandito: nel 1965 per far posto a due nuovi forni a tunnel, a uno spazio adibito a deposito e a una stanza essiccatoio con annessa centrale termica; nel 1968 con l’ampliamento dei locali per il biscotto e la pittura, il deposito degli stampi e delle forme di gesso e dei locali per l’imballaggio con relativi spazi per i materiali (trucioli e scatolame); tra il 1968 e il 1969 Alvino richiese ancora nuovi spazi per depositi terra, biscotto fresco in semilavorazione, depositi forme in gesso, essiccatoio e ampliamento del campionario al primo piano. Il 1966 fu un anno difficile: la Bagni Ceramiche, come molte altre aziende, fu colpita dall’alluvione del 4 novembre 1966. L’acqua invase tutta l’area a est del capoluogo e nell’azienda raggiunse i 2 metri e mezzo di altezza. Tutto il materiale non ancora cotto venne distrutto, quello imballato si rovinò. A quel tempo erano presenti 4 forni a tunnel e nonostante fossero stati spenti subito, esplosero. Tutti i dipendenti armati di stivali e vanghe, non appena l’acqua si ritirò e la situazione lo concesse, scavarono e ripulirono nel tentativo di salvare quanto più materiale possibile. Dopo 15 giorni di lavoro serrato il reparto terre tornò operativo.
Gli anni Settanta furono caratterizzati da un consistente flusso migratorio e alla Bagni giunsero intere famiglie provenienti non solo dai territori circostanti ma anche dal Sud d’Italia – in particolar modo dalla Sicilia – contribuendo attivamente alla crescita dell’azienda. Gran parte dei nuovi arrivati non aveva comunque una specializzazione e pertanto iniziava a lavorare occupandosi di mansioni più semplici, specializzandosi poi col tempo [...]. Negli anni Settanta vennero richiesti ed effettuati nuovi ampliamenti dell’azienda che mostrava continui segnali di crescita. Il 12 febbraio 1975 Alvino Bagni scrisse al sindaco per rispondere alle perplessità dell’amministrazione dovute ai continui aumenti di volume […].
L’azienda, come si legge dalle parole di Alvino, conobbe dunque un rapido sviluppo sia per gli spazi ‒ arrivando a occupare tutta l’area compresa tra via Santa Maria a Castagnolo, la strada Tosco Romagnola e il borro del bacino – che per l’incremento occupazionale, diventando nel 1971 la seconda azienda per numero di dipendenti dopo l’Italica Ars e superandola poi nel 1981. Come detto in precedenza la Bagni Ceramiche lavorò per i più importanti grandi magazzini americani e inglesi di quegli anni come Macy’s, Alexander e Bloomingdale ma il salto di qualità sarebbe stato possibile solo aumentando il numero degli oggetti per ciascun ordine. La compagnia statunitense d’importazione e distribuzione Raymor, per esempio, pur portando alla ditta una considerevole quantità di ordinativi e in grande varietà, non ordinava che al massimo cinquanta pezzi per ogni manufatto. Si comprende bene che con una tale produzione sarebbe stato impensabile passare alla grande distribuzione. Negli anni Settanta l’azienda intraprese però rapporti commerciali anche con la multinazionale britannica Marks & Spencer che iniziò a garantirgli grandi quantità di ordinativi a prezzi contenuti. Subentrò pertanto la necessità di mantenere bassi i costi aumentando la produttività e rendendo più veloci le fasi di lavorazione. Grazie alla Marks & Spencer la Bagni riuscì, tra il 1974 e il 1975, a intraprendere un processo di meccanizzazione. Alvino Bagni si impose di produrre ceramica artistica con un’organizzazione del lavoro di tipo industriale, sul territorio comunale non vi furono altri tentativi di uguale portata. Alvino introdusse la catena di montaggio nel colaggio e brevettò delle macchine per velocizzare alcune mansioni; le uniche rimaste manuali furono la pittura, la rifinitura e l’aerografo, salvo quando ci fosse stata la necessità di lavorare su grossi quantitativi. Per questi casi ideò – su un suo disegno – una macchina apposita: una sorta di giostra sulla quale i pezzi, posati su un nastro trasportatore, passavano attraverso getti di smalto spruzzato da tutte le direzioni. Alvino inventò numerosi altri macchinari per ciascuna fase lavorativa: per la pittura brevettò un pistone ad aria compressa che entrando nell’oggetto lo sorreggeva permettendo di inclinarlo e capovolgerlo nella posizione voluta dal pittore che aveva così una totale libertà di movimento; per la smaltatura delle vasche con all’interno una piattaforma che poteva essere alzata o abbassata tramite un pistone. Gli oggetti grossi, difficili da manovrare nelle fasi di tuffaggio, venivano – grazie all’intuizione di Alvino – poggiati sulla piattaforma che si abbassava immergendoli nello smalto fino all’orlo. Per smaltare l’interno dei semilavorati inventò invece una sorta di spruzzino polidirezionale azionato a pedale e posto in verticale. Tutti questi strumenti erano funzionali ad aumentare la velocità di produzione a patto che vi fossero grandi quantitativi dello stesso articolo. Del resto solo una produzione di massa poteva permettere di ammortizzare i costi dei macchinari: “un certo tipo di produzione lo puoi fare solo se hai ordinativi per centinaia di migliaia di pezzi. Allora puoi portare all’industrializzazione un prodotto artigianale”. Il grande successo della Bagni Ceramiche fu legato principalmente alle capacità dell’azienda di soddisfare i clienti con soluzioni che ne interpretassero i desideri attraverso una ricerca continua di tecniche nuove e particolari: la materia e il colore ne rappresentavano il suo elemento distintivo. L’azienda comunque non riuscì mai a creare un marchio indipendente per imporre i propri prodotti sul mercato o attraverso la vendita diretta. Di conseguenza dovette sempre rispondere alle richieste dei vari committenti senza poter sviluppare fino in fondo una propria linea di produzione e mantenere un’alta diversificazione degli articoli ceramici. Un tentativo in questa direzione venne fatto intorno agli anni Ottanta ma l’impegno economico, legato alle prime difficoltà del mercato, si rivelò troppo gravoso. La guerra delle Falkland rallentò infatti le forniture con la Marks & Spencer, mentre le spese per le fiere per affermare il proprio brand e le mancate riscossioni dei crediti presso alcuni rivenditori resero la situazione economica dall’azienda sempre più complicata.
Gli anni Novanta segnarono il punto d’arresto dell’esperienza della ceramica Bagni. La “scoperta” da parte dei committenti statunitensi dell’Oriente portò all’affermazione sui mercati di nuovi gusti estetici. La diffusione in massa dei loro prodotti, i cui costi erano più contenuti, mise in serie difficoltà tutta la manifattura occidentale. L’azienda Bagni provò nuovamente a reagire alla crisi: Alvino Bagni spinse le aziende di ceramica del territorio di Lastra a Signa a realizzare un consorzio per imporre i prezzi e avere maggior peso contrattuale presso i fornitori di materie prime ma il tentativo purtroppo non andò a buon fine.
Quando nel 1992 l’azienda chiuse, vi lavoravano ancora ottantacinque persone circa. Alvino non si arrese e l’anno successivo individuò un locale da cui far ripartire la nuova azienda. Nel 1994 aprì Nuove Forme, tuttora attiva e diretta da Gianfranco Ghiretti, genero di Alvino, e Maria Chiara Ghiretti, nipote di Alvino e figlia di Gianfranco. Maria Chiara frequentò fin da piccola la ditta del nonno trascorrendo il suo tempo in bici negli spazi intorno allo stabilimento. Non fu da subito attratta dall’arte ceramica e pur avendo studiato pittura informale all’Accademia delle Belle Arti si avvicinò lentamente alla ceramica. Iniziò a lavorare a Nuove Forme nel 1999 quando era ancora presente Alvino. I ricordi del nonno – allora ottantenne – sono legati soprattutto al lavoro, “era sempre a lavorare”, racconta Maria Chiara e riccorda anche che inizialmente fu Paolo Nerucci, allievo di Michelangelo Santonocito, a insegnarle tutti i segreti del mestiere. L’azienda si è trasferita dal 2018 a Sesto Fiorentino e conta quattro addetti tra dipendenti e proprietari con una produzione caratterizzata da ceramiche artistiche di alto livello. L’azienda è riuscita a salvarsi infatti grazie alla scelta di puntare al settore di lusso con prodotti di altissima qualità artistica e con una tiratura limitata. È rimasta inoltre una delle poche ditte a continuare la creazione in proprio degli smalti e dei colori. Maria Chiara attualmente si occupa della direzione artistica e della creazione di nuove linee .
(Forme di Storia, pp. 66-78)
Forme di storia: la ceramica nel territorio di Lastra a Signa
Luogo
Lastra a Signa
Titolo
Bagni Ceramiche