Capaccioli Luisa Ceramiche Artistiche

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Capaccioli Luisa Ceramiche Artistiche
Note biografiche o storiche
Luisa Capaccioli, nata nel febbraio del 1902 e originaria di Calcinaia, a 17 anni e mezzo ottenne il libretto di lavoro. Fu modista di cappelli (di velluto da signora, con veletta, montature da spose, ecc). Lavorava in una piccola azienda familiare a Lastra a Signa di proprietà di Squilloni con altre tre o quattro ragazze. Il titolare era amico di Alfredo Tozzi, con cui condivideva la passione per la caccia, attraverso lui Alfredo conobbe Luisa. Nell’agosto del 1940 Alfredo e Luisa si sposarono e nel luglio del 1945 nacque Lucia. Alfredo Tozzi, nato il 10 gennaio del 1905 a Signa da Serafino e Tomberli Enrichetta, aveva mostrato fin da piccolo passione e predisposizione per la lavorazione della ceramica pertanto a quattordici anni divenne apprendista presso la Fanciullacci di Montelupo dove si specializzò come pittore ceramista. Chiamato alle armi nell’aprile del 1926 venne riformato dopo tre mesi. Prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale costituì una società con altri ceramisti nei pressi del ponte che univa Signa a Ponte a Signa, vicino al luogo in cui successivamente sorgerà la A. B. & F. Bagni Ceramiche Artistiche. Nell’agosto del 1944 l’opificio nel quale lavorava Alfredo, con sede in via Littorio n. 5159, venne distrutto dai bombardamenti e pertanto, subito dopo la fine della guerra, aprì una nuova società con Silvestro Bellini. L’azienda fu aperta nei locali della vecchia falegnameria di Silvestro situata in via Livornese n. 350. Silvestro era stimato, proveniva da una famiglia benestante ed era una persona molto attiva e disponibile. Alfredo, d’altro canto, aveva un carattere amichevole ed era abituato a venire incontro alle necessità e ai gusti delle persone, generoso e leale. Subito dopo lo scoppio della bomba di Hiroshima nel 1945, ricorda Linda Bellini, posero le fondamenta per i forni a legna. A loro si unirono anche Adolfo Tozzi, un parente di Alfredo, e Vasco Mari, entrambi fornaciai. Si trattava di una fabbrica grande con molti operai e in cui si formarono numerosi artisti e artigiani della ceramica. In una comunicazione inviata nell’ottobre 1947 dalla Alfredo Tozzi Fabbrica di maioliche artistiche all’Ufficio annonario del Comune di Lastra a Signa per l’organizzazione delle mense aziendali, l’azienda presentò un elenco dei dipendenti che avrebbero usufruito del servizio: ne figuravano ben 27 tra i quali si nota Manlio Bellini, Adolfo Tozzi, Danilo e Sergio Cartei. Nel censimento del 1951 i lavoratori dell’azienda di Alfredo Tozzi e Silvestro Bellini risultavano essere trentatrè. Nel 1955 Alfredo decise di lasciare la società fondata con Silvestro e intraprendere un nuovo percorso aprendo un’azienda a carattere familiare. Individuò dunque un ambiente accatastato come opificio, situato in via di Sotto n. 37, e in cui precedentemente venivano fabbricate mattonelle di granito. L’edificio era uscito illeso dai bombardamenti della guerra anche se le mura ne conservavano comunque i segni. Alfredo lo prese in affitto e vi aprì un laboratorio intestando l’azienda alla moglie Luisa. Altri cinque o sei dipendenti della Tozzi e Bellini – quelli che gli erano più affezionati – lo accompagnarono nella nuova attività. Un’ospite speciale della fabbrica era anche la piccola Lucia, che quando non era a scuola, trascorreva giornate intere osservando e imparando la magnifica arte della ceramica. Iniziò ad apprendere il mestiere grazie ai genitori già alle elementari e dalle medie cominciò come apprendista proseguendo poi a lavorare come pittrice e campionarista. Lucia fu una bambina da sempre predisposta al disegno e ancora alle elementari partecipò e vinse un concorso. Alfredo contento di questo suo talento, finite le scuole dell’obbligo, le fece iniziare l’apprendistato nel suo laboratorio. Lucia ricorda come i suoi genitori riuscissero a compensarsi a vicenda nella vita e nel lavoro: il padre era un abile ceramista, amichevole e affabile, la madre era capace di comprendere i bisogni delle persone e le situazioni anche più complicate, gestendo con abilità gli affari. Fu una donna leale e in cui si poteva riporre fiducia, era di carattere forte e collaborativo. Partecipò attivamente alla gestione dell’azienda dimostrando più volte di avere polso per gli affari. Alfredo aveva stabilito con Ugo Mori e Leopoldo Fantozzi, insegnanti del Villaggio scolastico artigiano di Signa, degli accordi per accogliere i ragazzi nel suo laboratorio dove svolgevano l’attività pratica. Nella prima metà degli anni Sessanta il proprietario dell’opificio mise in vendita l’immobile. L’eventualità di dover dismettere la produzione portò Alfredo e Luisa ad acquistarlo grazie a un prestito contratto con la Cassa Rurale Artigiana. Nell’ottobre del 1961 si trasferirono da Signa in un appartamento a Ponte a Signa (di fronte alla farmacia in via Leon Battista Alberti). Negli anni successivi effettuarono alcune modifiche strutturali all’azienda: nel 1965 con un primo ampliamento per costruire un capannone e i servizi (il progetto fu firmato dal geometra Cesare Bellini, uno dei proprietari della falegnameria Bellini) e alla fine degli anni Sessanta – una volta esaurite le rate del prestito contratto per l’acquisto del laboratorio di ceramica – con un nuovo investimento trasformarono il piano superiore che da sala campionario divenne l’abitazione di famiglia. Vi si trasferirono quando Lucia compì il ventitreesimo anno di età. L’azienda rimase a conduzione familiare con un numero di operai non troppo elevato ma posizionandosi come prima tra le piccole imprese. Nonostante la maggior parte dei reparti fosse caratterizzata da lavoro pesante (si trattava di una produzione di ceramica artistica e d’arredo), l’azienda aveva nel suo organico un 30% di personale femminile che si occupava principalmente della pittura o della preparazione di guarnizioni. Lucia oltre a lavorare come campionarista e alla fattura del graffito con il padre, si occupò anche dell’amministrazione e della contabilità. L’azienda mantenne legami con le altre ditte del territorio: dalla falegnameria Bellini venivano acquistate le casse di legno e dall’Ingrande di Galleno il truciolo per imballare i prodotti. La legna e la terra venivano portate da grossi camion almeno due volte al mese. Il rifornimento dei colori veniva effettuato invece, in base alle necessità, presso i colorifici Romer di Firenze e Colorobbia di Montelupo, i cui rappresentanti passavano periodicamente per proporre i nuovi campionari. L’esportazione dei prodotti riguardò principalmente la Germania e uno dei clienti più importanti fu Richter con cui l’azienda e Pacini (storico ragioniere e intermediario) intrattennero un duraturo e proficuo rapporto. La Capaccioli Luisa Ceramiche Artistiche concentrò tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta la produzione sul graffito facendone il suo prodotto distintivo. Nel novembre 1966 il laboratorio venne coinvolto nella tragedia dell’alluvione, ma la sua posizione sopraelevata ne ridusse l’impatto. Mentre attorno l’acqua invadeva strade e campi, l’acqua comparse nel laboratorio salendo dal terreno e formando delle fontanelle che sgorgavano dal suolo. I vasi pronti per la spedizione galleggiavano, mentre il “crudo” era stato messo al riparo da Alfredo sulle mensole. Per poter andare in pensione Luisa dovette cedere la proprietà lasciandola all’unica figlia, Lucia. L’azienda mutò dunque il nome acquisendo nell’intestazione la nuova proprietaria: Capaccioli Luisa di Tozzi Lucia. Lucia continuò a condurre l’attività da sola per altri cinque o sei anni fino a quando dovette interrompere l’attività a causa della malattia del padre. Inoltre in quegli anni aveva percepito che il mercato della ceramica stava cambiando sensibilmente: era iniziata la riproduzione dei prodotti a basso costo e i clienti erano diventati sempre più esigenti richiedendo continui ribassi e preferendo ditte più accondiscendenti o in grado di ridurre i costi di produzione. Lucia cedette l’attività a una ceramista di Montelupo, Raffaella Casalini, nella formula di affitto d’azienda che prevedeva la locazione non solo dell’immobile ma anche del campionario con gli ordinativi già in essere, i contatti con i clienti, i macchinari e gli operai. Lucia rimase a lavorare nella nuova ditta ma le difficoltà economiche, già in parte riscontrate dalla Capaccioli Luisa di Tozzi Lucia, emersero nuovamente e nel giro di qualche anno anche il laboratorio Ceramiche Silva di Raffaella Casalini chiuse. Nel frattempo Lucia aveva conosciuto Aimone Storai, nato a Vernio, ma residente a Prato dove lavorava come filatore. Dopo tre anni di fidanzamento, nel giugno del 1978, convolarono a nozze e dal loro matrimonio nacque, dopo poco più di un anno, la figlia Anna. Con l’aiuto del marito ristrutturò lo stabile ma nei primi anni Ottanta, non trovando più nessuno cui affittare l’opificio, decise di smantellare l’azienda vendendone le rimanenze e gli strumenti del lavoro. Attualmente i locali della vecchia azienda hanno lasciato il posto a un negozio e a uno spazio giochi. (Forme di storia, pp. 95-100).
Forme di storia: la ceramica nel territorio di Lastra a Signa
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Biblioteca comunale di Lastra a Signa, titolare dei diritti delle immagini digitali
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Capaccioli Luisa Ceramiche Artistiche

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