>> L'alluvione del 1966
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>> L'alluvione del 1966
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La collezione presenta i documenti sui danni provocati alle aziende del territorio dall'alluvione del 4 novembre 1966
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L’impatto sul territorio di Lastra a Signa fu grande con 3 abitazioni crollate, 20 danneggiate in maniera irreparabile e 580 lese in maniera più lieve. [continua a leggere]
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Si rese pertanto necessario approntare 250 alloggi popolari. Anche il numero delle aziende danneggiate fu elevato: 116 aziende agricole, 214 tra industriali e artigianali, 157 commerciali e altre 7 di diverso tipo. Con queste parole Gianfranco Ghiretti, dipendente della Bagni Ceramiche, ricorda quei giorni: avevamo due metri e mezzo d’acqua, quindi praticamente distrutto tutto. Esplosero tutti i forni… c’erano 4 forni a tunnel continuo… sono stati spenti subito, però prima di raffreddare sono esplosi. Alla struttura perimetrale [non abbiamo avuto danni], quello che c’era all’interno si. Tutto quello che era pronto non cotto, praticamente terra, con l’acqua è ritornata melma. Tutto quello che era imballato si è sporcato tutto, quindi sono stati messi lì con tutte le donne che c’erano a lavare tutta la roba per cercare di recuperare qualche cosa da mandare via. Anche le aziende di ceramica coinvolte furono numerose e a essere colpite con maggiore forza furono soprattutto quelle dislocate nella zona di Stagno e nei pressi del Castello di Lastra. Dodici fecero domanda di risarcimento per accedere agli aiuti predisposti dallo Stato. Altre, come le ditte Capaccioli Luisa e la Fratelli Bellini, avendo subito danni più contenuti, scelsero di non chiedere alcun risarcimento. Tra i proprietari che denunciarono i danni subiti ricordiamo, tra gli altri, Romoli Elio, Ceccherini Giuseppe, Poggianti e Rugi direttori de La Cava, Bercigli Silvano, Relli Mauro e infine i fratelli Brogelli di Novoceramiche. L’impatto maggiore riguardò per tutte la distruzione delle forme: l’“archivio” dei manufatti prodotti dall’azienda. L’azienda che registrò il maggior numero di danni fu la Alvino Bagni Ceramiche che vide coinvolti gli stabilimenti di Ponte a Signa e Santa Maria a Castagnolo. Fu soprattutto grazie alla capacità di reazione dei lavoratori e delle lavoratrici e alle commesse internazionali, che il comparto della ceramica riuscì a far ripartire la produzione in breve tempo. (Forme di storia, pp. 56-57).
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[...] L’alluvione del 4 novembre del 1966, un giorno che in qualche modo segnò per sempre non solo la memoria del popolo che ne fu colpito ma anche delle aziende che videro, in una notte, scomparire il lavoro di anni.